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La fotografia, l’allestimento del set e il chroma key

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La fotografia, l’allestimento del set e il chroma key

 

L’uso della luce è uno strumento espressivo cardine di tutto il linguaggio audiovisivo.

Se c’è un incarico che di solito non assume personalmente il regista e con il quale è bene sia in buoni rapporti è quello del direttore della fotografia.

Spesso il collaboratore più importante della regia, per consigli e idee sulla scena, è proprio questa figura.

Lo stile del videoclip è dato dalla luce e dalla qualità della fotografia, come già accennato nel capitolo precedente sulle attrezzature.

Il direttore della fotografia è un tecnico altamente specializzato e dotato allo stesso tempo di capacità espressive e qualità artistiche, è nel modo in cui realizza la fotografia che si caratterizza un bravo fotografo e direttore della fotografia.

Il regista può seguire in prima persona la fotografia oppure delegare questo lavoro al direttore esperto che in questo caso ha una certa autonomia nella preparazione di tutto il set.

 

Con la fotografia si dà senso e rilievo agli spazi, in altezza, in larghezza, e nella profondità attraverso giochi di luci e ombre aggiungendo atmosfera a tutta l’opera.

 

Il direttore della fotografia ricopre fondamentalmente tre incarichi: illuminare con l’impianto luci la sfondo, inquadrare e impostare l’apertura dell’obiettivo, ovvero il diaframma, in base alla luminosità data agli oggetti e curare la luce e l’ombra presente sul performer.

 

Le immagini trasmesse dai televisori sono immagini piatte ed è attraverso l’uso delle luci e delle ombre che si dà la profondità alle immagini.

 

Inquadrature straordinarie, toccanti ed estremamente adrenaliniche, come scene di rallenty, tramonti, albe e incredibili panoramiche, sono frutto della collaborazione tecnico-artistica tra regista, direttore della fotografia e scenografo, in percentuali diverse a seconda dei casi.

 

È possibile illuminare un soggetto in cinque modi diversi: frontalmente, lateralmente, dall’alto, dal basso e da dietro (controluce), fino alla luce diffusa che illumina le zone oscure ammorbidendo le ombre.

 

Frontalmente il soggetto viene schiacciato verso il fondo e in controluce ne risulta fortemente in rilievo. Con luce laterale invece si mettono in evidenza le superfici e la loro natura nello spazio.

Naturalmente illuminando la scena in modo diverso avremo una grande varietà di forme artistiche.

 

La luce può essere normale o filtrata, nel caso utilizzassimo delle gelatine colorate o di diversa consistenza per dare diverse sfumature alla luce, inoltre può essere naturale o artificiale, quest’ultima permette maggiori possibilità espressive per intensità e colore, dato che la prima non è modificabile e ci dobbiamo adattare noi ad essa.[1]

 

Bisogna sottolineare come la fotografia e il gioco delle luci sia essenziale per garantire che il soggetto, per noi il performer, sia illuminato a sufficienza affinché sia assicurata una visione nitida dello stesso nel video.

 

Un’illuminazione sbagliata può sminuire la bellezza di una scena e annullare o modificare l’interpretazione del nostro cantante.

Nell’esempio sottostante vi è un esempio dell’utilizzo di una luce “spot” per evidenziare il vino che viene versato nel bicchiere.

luci 3

Con la luce e una buona fotografia si può:

  • attirare l’attenzione su una zona precisa dell’inquadratura;
  • evidenziare o nascondere dettagli e forme;
  • dare maggiore o minore spazialità ad oggetti e ambienti;
  • creare atmosfere;
  • creare stati d’animo;
  • evidenziare i contorni rispetto alle superfici;
  • evidenziare le superfici rispetto ai contorni;
  • alterare e creare colori.

 

È importante però sottolineare la differenza sostanziale tra l’occhio umano e la telecamera: sono differenti i modi e le capacità di cogliere i dettagli e le sfumature degli oggetti scuri e chiari e il contrasto fra questi.

 

Ecco un esempio di set per videoclip. In giallo sono segnate le luci e i pannelli riflettenti.

luci 4

Le telecamere professionali riescono ad assicurare risultati buoni anche nelle condizioni di illuminazione peggiori (o particolari), ma sono molto costose.

Le telecamere di medio livello sono state migliorate e sono più accessibili come prezzo ma sono sempre da preferire i modelli con 3 CCD per cogliere nel migliore dei modi la luce.

 

La soluzione migliore per non avere uno sballamento della fotografia è quella di ridurre l’intervallo tonale della scena, intervenendo sulla luce globale delle scene. Se ci muovessimo in uno stesso ambiente, prima inquadrando un soggetto in controluce e poi un soggetto illuminato in volto, se la camera non è stata settata su manuale e non abbiamo l’accortezza di agire sul diaframma, avremo un momento “sballamento” dell’intervallo luminoso nella scena, effetto assai sgradevole e indesiderato.

 

Accessorio essenziale per limitare questo ed altri problemi è il paraluce, di forma cilindrica o conica, annerito all’interno, è uno strumento che si avvita davanti all’obiettivo e serve a evitare che la luce, proveniente dall’esterno del campo inquadrato, vada a colpire la lente frontale dell’obiettivo. Ciò provocherebbe infatti una perdita di contrasto dell’immagine, effetto foschia, la formazione di aloni e di riflessi.

 

La luce parassita può essere oltre che diretta anche riflessa da oggetti, per questo motivo il paraluce andrebbe utilizzato sempre, con qualunque condizione di luce e in tutti gli ambienti.

luce parassita 1 luce parassita 2 luce parassita 3

Un obiettivo senza il paraluce viene colpito anche dai raggi di luce parassita (in rosso nell’immagine).

 

Il montaggio di un paraluce davanti all’obiettivo ferma i raggi di luce parassita. Le differenze, con e senza paraluce, le potete vedere nelle due foto successive.[2]

Con paraluce

luce parassita 4

Immagine corretta

Senza paraluce

luce parassita 5

 

 

Immagine con perdita di contrasto

luce parassita 6Immagine corretta

luce parassita 7

Immagine con perdita di contrasto e con riflessi (flare).

 

L’utilizzo del paraluce, nel campo delle riprese, è importante per la fotografia, infatti la telecamera mentre riprende una scena può fare panoramiche e zoomare, e quindi aumentare le possibilità che un raggio di luce parassita colpisca l’obiettivo. Il paraluce evita questo problema.

Il paraluce è un accessorio economico, che una volta provato non si abbandona più e che il direttore della fotografia fa sempre adottare al regista prima delle riprese.[3]

 

Una volta rassicurati che la fotografia è ben curata, dobbiamo occuparci di “arredare” location e disporre tutto il materiale che, elencato in precedenza, andrà posizionato sul set, anche in base agli schizzi realizzati dopo le indicazione del direttore della fotografia sulle luci.

 

Passiamo quindi a vedere la basi teorico-pratiche per costruire un set. Questo processo vede uno scenografo lavorare, in collaborazione con il direttore di produzione, per creare il set in base alla pianta della zona, compilata dalla segretaria di edizione, con tutte le posizioni di camere e luci.

In pratica dopo aver spostato i mobili o i pannelli in maniera ottimale, vengono posizionate le luci, secondo direttiva del direttore della fotografia.

 

Di solito per il videoclip si tratta di creare un set di piccole dimensioni o di adeguare un ambiente esistente alle esigenze del regista.

La produzione di disegni in scala, che rappresentino la zona, con l’ausilio di programmi come AUTOCAD o i vari software AUTODESK che lavorano anche in grafica tridimensionale, può essere molto utile se realizzati in tempi brevi.

 

Il nostro limite è sempre rappresentato dal budget.

Non bisogna mai scordare che fare in fretta a progettare set hollywoodiani ma è assai dispendioso in termini di tempo e denaro ricrearli o arredarli.

Ora è tutto pronto per le riprese e dopo aver verificato che quello stabilito su carta è stato rispettato e attuato correttamente possiamo iniziare le riprese.

 

Prima di iniziare a girare però c’è un’ultima scelta che dobbiamo valutare, ovvero l’uso o meno di un green screen, telo o vernice.

Questa tecnica usa il chroma key (colore chiave), ed è utilizzata in campo musicale per motivi economici e pratici.

 

Girare una scena su una montagna o in mezzo al mare è assai complicato, costoso e pericoloso. Girare in studio e poi aggiungere l’immagine della montagna a computer fa risparmiare tempo e denaro, il risultato ovviamente deve essere professionale altrimenti si rischia di ridicolizzare la scena.

Lo screenshot sottostante, preso dal film Sin City di Robert Rodrigùez, mostra come, grazie al green screen sia possibile inserire sfondi, come il magazzino della scena, senza alcuna difficoltà logistica.

chroma key

Teoricamente chiunque può sfruttare questa tecnica, ma ovviamente più ci si allontana dalle giuste metodologie di applicazione, più il risultato sarà scadente.

In sostanza per far sì che il nostro soggetto possa interagire con sfondi provenienti da altri mondi, è necessario utilizzare uno fondo omogeneo di colore blu o verde, più precisamente oggi è leader il pantone verde 354C, una sorta di verde-limone.

Fino a qualche anno fa si utilizzava il blu screen, sostituito dal green per una migliore compatibilità con le videocamere digitali.

Ma fondamentalmente il chromakey potrebbe essere utilizzato con qualunque tipo di colore, e la scelta del blu o del verde deriva dal fatto che sono gamme che non vanno ad intaccare i colori delle pelle.

 

Quindi, un girato su uno sfondo di questi colori, viene “bucato” in post produzione per andarsi a mixare con un video di altra sorgente e creare una nuova scena. Ovviamente il soggetto non può vestire nessun oggetto dello stesso colore dello screen, altrimenti verrà “bucato” anch’esso. Il trucco è quello di vestire con indumenti di colore blu invece di verde, per poi effettuare una modifica selettiva di tonalità sul colore per portala in verde.

Se abbiamo deciso di usare questo strumento dobbiamo munirci di una superficie uniforme di verde, che vada possibilmente a creare un limbo. I teli, grandi 2x4m o 3×7, non devono creare ombre o angoli ed essere staccati dal soggetto, per avere la migliore resa possibile, di qualche metro.

chora key 2 chrma key 3

 

Assicuriamoci di avere il soggetto e lo sfondo ben illuminati da due fonti di luce differenti per poter separare i vari livelli di immagine.

Nell’ambito professionalmente vengono usati dai 4 proiettori in su, almeno due laterali alti che puntino incrociandosi sul fondo, per eliminare le ombre del soggetto sul quale è puntato almeno una luce di fronte e una in controluce per smorzare le ombre. Utilizzando questi accorgimenti potremo staccare il soggetto dallo sfondo e utilizzare al meglio la tecnica del chromakey.

 

Usufruire dunque della funzione del chromakey, in post produzione, significa avvalersi di un programma adatto a elaborare tali immagini, come AFTER EFFECTS della ADOBE, o NUKE della FOUNDRY professionalmente più utilizzato come anche le funzioni grafiche avanzate di AVID o MOTION di FINAL CUT per la APPLE.[4]

 

Per applicare questo effetto si selezione la voce keylight e poi, andando ad agire nelle preferenze dell’effetto, selezioniamo un punto dell’immagine che contiene lo sfondo del colore che si vuole rimuovere, e il software farà il resto creando la, così detta, Maschera, o Matte.

I problemi nascono quando si vuole una foratura esatta, che rispetti i contorni precisi del soggetto, senza seghettature o lacune. Oppure, quando si vogliono forare dettagli molto sottili, come i capelli, o semi trasparenti, come un’ombra o un vetro.

In tutti questi casi è necessario fare un numero maggiore di operazioni, manipolando le immagini prima della foratura per rimuovere disturbi e difetti dovuti alla compressione digitale.

Anche la foratura deve, di solito, essere effettuata per gradi, creando più maschere diverse in base al contenuto della scena e sistemando la colorimetria.

Per massimizzare gli effetti di keylight e di color correction è consigliabile esportare il filmato in sequenze di file immagini Targa o Tiff.

 

A qualsiasi livello di post produzione è pratica comune realizzare almeno tre Matte sulla traccia video:

La Garbage Matte letteralmente “maschera della spazzatura”, che comprende tutto quello che è esterno all’attore. Questa maschera non deve essere precisa e viene di solito creata con il procedimento del rotoscoping o applicando maschere manualmente.

La Matte Densa che è una maschera dell’attore molto solida, di dimensioni leggermente inferiori alla sagoma dell’attore. Ad esempio, la maschera densa non include i capelli e spesso nemmeno le dita o qualsiasi altro piccolo dettaglio che possa richiedere un lavoro più preciso. Serve solo a creare una maschera solida nelle aree che sono sicuramente, e totalmente, solide.

La Matte dei Dettagli invece viene considerata l’opposto della maschera densa, e può presentare buchi al suo interno, o aree non del tutto solide, pur di creare un contorno morbido e nitido sui dettagli più complessi da forare, come appunto i capelli.

 

Queste tre maschere vengono composte tra loro in modo da escludere progressivamente gli elementi, e producono una maschera finale, ragionevolmente accurata. In realtà spesso si realizzano molte maschere dei dettagli differenti. Infine si applica la color correction.

 

I metodi matematici usati dal software per effettuare la foratura non hanno la stessa abilità, per cui è facile che una porzione dell’attore venga forata per errore.

Per evitarlo, vengono adoperate tecniche di de-spill. In pratica, se la parte dell’immagine presa in esame non è del tutto verde o blu, viene ridotta in proporzione la colorazione del verde o del blu.

 

Questo però ha l’effetto collaterale di cambiare i colori dell’immagine, come possiamo vedere in questi esempi.

chroma key 3

Nella ripresa originale in green screen, si può notare come le tinte verdi sulla camicia possano pregiudicare l’effetto finale.

chroma key 4

Sottraendo il verde del chromakey con keylight di After Effects, i capelli dell’attrice diventano castani. Il giallo contiene molto verde.

chroma key 5

In un chromakey competente, senza de-spill, non cambiano i colori dei capelli, utilizzando le maschere nominate sopra.

 

Questi sono i risultati standard ottenuti con la plug-in keylight, uno dei più accreditati nella produzione cinematografica, presente in AFTER EFFECTS e NUKE, come in tanti altri software di morphing o compositing.

 

Avvaliamoci del direttore della fotografia in post produzione per la correzione delle immagini per non rendere futile tutta la fatica fatta durante le riprese.

 

Oltre a questa tecnica di post produzione abbiamo anche delle macchine da scena molto utili e semplici, per uso e reperimento, che ci possono servire per altri effetti visivi.

Abbiamo ad esempio la macchina del fumo per creare atmosfera, ventilatori di varie grandezze e capacità per l’effetto vento nei capelli e la macchina della pioggia.

 

Inoltre, con un bravo tecnico dei visual effects e della grafica 3d a fianco, potremo addentrarci nell’uso dell’ “espansione del set” digitale. In poche parole è una tecnica combinata di riprese con oggetti reali e green screen che ci permette, nel risultato finale, di vedere il nostro attore muoversi in grandi ambienti, come città londinesi rinascimentali e simili. Questa tecnica utilizza il green screen di varie scene, il camera tracker e la grafica computerizzata.

 

Adesso abbiamo davvero tutto ciò che ci serve per girare. Prima di passare al ciak però affrontiamo un attimo il discorso riguardante le comparse, i ballerini e tutti coloro che sono presenti sul set delle riprese.

 

 

 


[1] V. Storaro, “La Fotografia Cinematografica”, <http://www.1aait.com/larovere/index.html>

[2] Dreamvideo, “Il paraluce”, <http://www.dreamvideo.it/ripresa/paraluce.htm>

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